OF THE MUSES “Senhal” Recensione)

Full-length, My Kingdom Music
(2023)
Il cosiddetto filone shoegaze o anche blackgaze ebbe, a parere del sottoscritto, il suo massimo splendore attorno al periodo 2005-2015, ovvero quasi in contemporanea con l’esplosione del sottogenere depressive black metal. Di band valide ne nacquero molte in quegli anni, tra cui spiccano i sempre attuali e seminali Alcest, ma questo genere in un qualche modo è andato ad infiltrarsi nel black metal classico e così abbiamo avuto degli ottimi risultati in ambito atmospheric black metal con band di assoluto valore come Negura Bunget, Wolves In The Throne Room e altri ancora.
Questa premessa è stata fatta solo per introdurre questa nuova realtà italica, che va tranquillamente ad accodarsi ai generi sopra elencati, come anche a Myrkur, proprio perchè anche in Of The Muses l’unica protagonista è una donna, che si è occupata di cantare, comporre e suonare tutto questo debutto intitolato “Senhal”.
Cristina Rombi è già nota nell’ambito underground per la sua presenza in passato in band come Wallacha e Simulacro, ma qui esprime probabilmente la parte migliore della sua arte componendo un disco travolgente, emozionante, vivo e anche struggente. La formula che Cristina applica in ciascuna della cinque canzoni di questo album è tutto sommato semplice: i brani, molto banalmente intitolati con i corrispondenti numeri romani (da I a V), sono quasi sempre un crescendo di pathos, di synth e chitarre riverberate che creano un’atmosfera fredda, nebbiosa ma allo stesso tempo sentita. La prestazione canora di Cristina però è il vero valore aggiunto di un album comunque strumentalmente già validissimo, ma con una interpretazione vocale così completa e a tratti catartica e sofferta questa ragazza sa come toccare le corde più sensibili dell’animo umano.
In ogni caso le canzoni non sono così semplici come potrebbe sembrare perchè le basi di batteria talvolta sottolineano passaggi più aggressivi con tempi puramente black metal o con doppia cassa che rimanda a certe cose di Burzum o degli Shining. Tutto questo non succede nell’ultimo brano, “V”, dove l’assenza della batteria è un valore aggiunto per far risaltare la tristezza e alcuni picchi emotivi dettati da synth e chitarre.
Nel complesso abbiamo quindi a che fare con un disco che non punta tanto sulla tecnica ma quasi esclusivamente sulla parte emotiva della musica estrema, districandosi con disperazione ma estrema eleganza in un affollato panorama ricco di band che sanno suonare, ma che tante volte fanno cilecca nel saper trasmettere qualcosa che possa rimanere a lungo. Gran bel lavoro, complimenti, Cristina!
Recensore: Mario “The Rocker” Giusfredi
Tracklist:
1. I
2. II
3. III
4. IV
5. V
Line-up:
Cristina Rombi: All instruments
Links:
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