Derdian – New Era pt.4-Resurgence (Recensione)

I milanesi Derdian pubblicheranno a ottobre il nuovo New Era pt.4-Resurgence.
L’album avrà una continuità tematica con le prime uscite discografiche della band, cioè la trilogia intitolata ‘New Era’ pt.1-2-3, dopo una fase in cui il fantasy era stato accantonato.
Il discorso lirico dei cinque milanesi dunque si riaccosta al mondo surreale, dove l’elemento immaginario fa da sfondo ad un substrato di metallo pesante (riff rocciosi, ritmiche heavy e cavalcate epiche), arricchito da una eterea componente melodica e sinfonica.
Dal punto di vista musicale c’è un aspetto che i Derdian hanno ormai maturato a pieno: il loro power sinfonico è molto fluido, a tratti progressivo; guarda al passato ma suona in modo fresco e convincente, evitando quella stucchevolezza che spesso intacca le band del settore.
Ad esempio ‘The Grin of Revenge‘, il pezzo d’apertura, è un biglietto da visita ottimo per chi non conosce ancora la proposta dei nostri e vuol farsene un’idea più o meno esaustiva. Un’intro epica seguita da un assalto ritmico, dove chitarre e tastiere intessono la preziosa tela su cui la voce ricama l’elemento trascinante, con linee melodiche piacevoli e suadenti.
L’impatto del brano c’è tutto, i riff fanno il proprio dovere senza mai voler essere protagonisti anzi, ponendosi sempre al servizio della canzone e in special modo delle orchestrazioni, il vero elemento portante di questa e di tutte le songs del disco.
Si percepisce tanta maestria anche nel più semplice degli arrangiamenti vocali e strumentali: non è un caso, infatti, se brani come ‘The Evil Messiah’ e ‘Resurgence’ scorrono lisci come l’olio, con ritornelli e solos davvero ben fatti.
La voce è pulita, cristallina, con un’estensione da pelle d’oca (ascoltare ‘Dorian’ per credere) e in più di un’occasione Ivan Giannini mette in mostra il proprio talento indiscutibile innalzando l’asticella già alta di brani quali ‘Face to Face’ e ‘Derdian’.
A metà scaletta il singolo ‘Black Typhoon‘ (già pubblicato in anteprima) è tra i momenti di maggior estasi dell’album col suo furore mitico e allo stesso tempo decadente, che da impeto eroico diventa leggerezza romantica nella ballata ‘All is Lost’, altro momento in cui le chitarre svettano magnificamente nella parte solistica.
A chiudere il cerchio magico del platter quasi impeccabile c’è la semi-ballad ‘Astar will come back’, incentrata su uno sviluppo armonico di tastiere, chitarre e voci per nulla banale, con incursioni in territorio folk e progressive di gran gusto.
Caldamente consigliato agli appassionati del genere (troverete pane per i vostri denti), e a chi nel metal ricerca sfaccettature più eterogenee e armoniose rispetto ai soli riff (che comunque non mancano), alla voce sporca (fatene a meno una volta tanto) e alle ritmiche violente (date respiro alle vostre orecchie). Tutto questo vi farà bene.
Recensione di Gianfranco Catalano