Bunnyblack – Bunnyland EP (2022) | Recensione
BUNNYBLACK è un duo siciliano nato solo qualche anno fa, ma che oggi va assumendo le sembianze di realtà musicale sempre più delineata e coerente.
Nel 2019 usciva il primo EP omonimo, e fu la prova di come Less e Maiqqu, le menti di questa creatura post/sonica, fossero già consapevoli di come maneggiare il magma d’idee che scorreva imperterrito sotto forma di suoni 8-bit da Gameboy e feedback innescati da pedali shoegaze.
Oggi come allora, i due sono alle prese con una bella sfida: mettere assieme la programmazione noisy di ritmiche chiptune, con l’ossessione per le visioni fantasmatiche confinate nelle faglie oscure del post/punk, oltre ad un gusto alternative mai dimenticato. Il nuovo EP approda dunque a un electro-gaze che non disdegna il proprio habitat di tenebre; e, rispetto a tre anni fa, si fonde nel cortocircuito elettrico congegnato da un’anima dark-wave senziente, in preda al delirio di distruzione. Superate le effimere pulsioni dreamy dell’esordio, Bunnyland è, di fatto, il congegno strumentale sopravvissuto alla devastazione post/industriale attuata dai nostri.
Lo scenario di desolazione si palesa all’ascolto di ‘Miracle’ con suoni da Gameboy calpestato, fino a soccombere sotto le violenze della fredda legge cinetica; e una tensione palpabile, che nel suo svolgersi si abbatte sul paesaggio musicale trasfigurandone ogni elemento, inclusa la voce di Less e gli strumenti di Maiqqu. I fumi tossici della catastrofe sono parte attiva dello spettacolo appena messo in atto e respirarne le esalazioni crea una vitale assuefazione.
‘Lost together’ è reliquia preziosa incastrata nella rete, una perla nera resuscitata dal fascinoso abisso del dark anni ‘80: un pezzo che cattura l’attenzione sin dal primo ascolto e al quale è impossibile restare indifferenti. Come tradizione vuole, la ritmica è un cuore elettrico che pulsa e trafigge anche la materia più dura; la voce -vera protagonista- va scandendo una litania profana e in più si sdoppia in riverberi di parole ossimoriche (salmodiando il “perdersi assieme”), mentre tutt’intorno le sezioni di chitarre e synth si sovrappongono strato su strato gettando lampi metallici nel sacro recinto di tenebre e pathos.
In chiusura ‘88 suns’ riprende il mood industrial del primo pezzo, giustamente variato in virtù di un up-tempo incalzante e una spiccata presenza strumentale. Anche qui l’ispessimento generale dello spettro sonoro scava forte verso il basso, stavolta plasmandosi nella forma di un noise gaze nervoso e incandescente.
Le premesse erano già buone ma con questo lavoro i nostri BUNNYBLACK hanno fatto un bel passo avanti, dimostrando di avere idee valide e voglia di sporcarsi le mani.
Bunnyland è la ri-prova di un’accoppiata che merita attenzione e seguito perché oltre alla coesione Mente-Macchina, trova il giusto senso grazie a quell’elemento sostanziale che smuove l’impalpabile sentimento: il Cuore.
recensione di: Gianfranco – noirocker.it