Intervista ai “SILENCE IS SPOKEN”

Intervistiamo i gli alternative metallers italiani Silence Is Spoken. Rispondono Alessandro (founder, bass, piano, synth), Samuele (vocals), Lorenzo (founder, drums)
1 – Ciao ragazzi, volete parlarci del vostro ultimo album “11”? Come è nato e come è giunto a conclusione?
Alessandro: Ciao e grazie per l’invito, siamo felicissimi di poter rispondere alle vostre domande. L’album “11” nasce da un lungo percorso della band, molto articolato, forse non semplice per certi aspetti, ma indubbiamente ricco di spunti interessanti. Infatti, dopo l’uscita del secondo album datato 2012, ci siamo trovati, per una serie di ragioni, a dover cambiare la line-up svariate volte. Samuele è entrato nella band nel 2016, Maurizio da poco meno di un anno, Lorenzo, co-fondatore del progetto, è rientrato alla base nel 2021, dopo un’esperienza in UK. Nel frattempo, si sono susseguiti vari altri musicisti che hanno sicuramente dato un contributo al nostro percorso. Questo giusto per dare dei riferimenti storici che hanno portato alla nascita del disco. A livello di composizione e testi, abbiamo iniziato a lavorarci già a partire dal 2015, per poi iniziare le recordings nel 2019 e la finalizzazione del lavoro con la produzione che ha richiesto un tempo piuttosto lungo, dovuto anche alla situazione contingente che abbiamo vissuto dal febbraio 2020 fino alla fine dello stesso anno. Proprio a fine 2020, abbiamo terminato le registrazioni dei synth e portato avanti mix e produzione in collaborazione con lo studio Soundcraft di Andrea Dell’Olio e Furio Lanciano che hanno svolto davvero un ottimo lavoro. La cosa bellissima, per me, è che, nonostante tutte le difficoltà logistiche incontrate in questi anni (ci metto pure i lockdown e cose analoghe), attraverso questo album siamo riusciti esattamente a rappresentare ciò che voleva la band, sia a livello di sound che di liriche e messaggio da trasmettere. Non è cosa da poco per un musicista, che in genere ha sempre qualcosa da recriminare una volta terminare un lavoro.
2 – Come nasce un vostro brano e come viene finalizzato?
Alessandro: Dipende dal momento: fino ad oggi, molto spesso, i nostri brani sono nati dalla parte ritmica, con un riff di basso e un pattern di batteria, a cui sono seguite le chitarre, le voci e poi magari i synth o altri strumenti di “abbellimento”. Vedremo in futuro come verranno finalizzate le nuove idee a cui stiamo già lavorando. Non abbiamo uno schema preciso, tutto nasce in modo spontaneo, e molto spesso funziona alla prima senza troppe storie. Naturalmente, poi, via via che i brani vengono interiorizzati da tutti i musicisti coinvolti, le parti vengono affinate e completate. È un processo davvero intenso e allo stesso tempo stimolante, creare all’interno della band significa davvero condividere qualcosa di intimo e prezioso. Devo dire che c’è molta intesa musicale tra di noi e che i nostri pezzi nascono tutti con grande fluidità e senza troppi discorsi, in questo siamo sempre stata una band molto pragmatica ed immediata.
3 – Che tematiche affrontano i testi delle vostre canzoni?
Samuele: I testi delle nostre canzoni nascono molto spesso da riflessioni che possono scaturire in maniera più o meno casuale rispetto a determinati argomenti. La tematica principale è quella della condizione umana, il rapporto con se stessi, il confronto con le aspettative, la società. Cerchiamo per quanto possibile di mantenerci in una condizione narrativa tale da non inserire il nostro giudizio diretto nelle tematiche affrontate ma far parlare quella personalità specifica, in quel momento, senza filtrarla. A good God e Genesis 19_24, per esempio, parlano del rapporto che gli uomini hanno con Dio, raccontato però da due figure molto distanti nel tempo fra loro. Nel primo caso, in A good God, chi parla è una persona che vive nel mondo attuale e “dio” rappresenta tutte quelle cose verso la quale rivolgiamo ogni giorno la nostra devozione totale, denaro, successo, fama, lavoro ecc e raccontiamo di come questa adorazione possa diventare morbosa innescando una spirale autoalimentante di frustrazione e perdita della propria identità come essere umano. In Genesis 19_24 invece il soggetto che racconta è un abitante di quelle che venivano chiamate “le città della pianura” distrutte per “aver abbandonato il patto eterno” e raccontate nell’antico testamento, note come la distruzione di Sodoma e Gomorra. “Dio” in questo caso è quello della narrazione biblica, ma la storia viene raccontata dal punto di vista delle persone bruciate vive insieme alle loro case. Sono la prima e l’ultima canzone del disco a simboleggiare una ciclicità nella quale si cambiano i soggetti ma la condizione resta la stessa. Altre come War abc Song, 3Lateral Kingdom e 1984(tratta dal libro di Orwell) parlano invece del processo di istruzione/informazione/manipolazione che ci viene somministrato costantemente e che accettiamo di buon grado diventandone spesso promotori diretti, mentre in Game Over diamo voce a quella parte della personalità che invece si ribella a questo tipo di meccanismo, quella che rompe gli schemi per come li conosciamo, quella che risorse dalle proprie ceneri…per poi arrivare a parlare del concetto di “consapevolezza” in 1000petaled lotus. Cerchiamo di parlare quindi delle stesse tematiche che viviamo ogni giorno ma sotto punti di vista diversi che possano aprirci ad un’interpretazione più ampia del concetto. Spesso in questo racconto emergono più lati della personalità in conflitto fra loro ed è in questo scambio che si possono trovare le chiavi di lettura dei vari testi.
4 – Descrivete per favore il vostro sound, magari cercando di indicare il tipo di pubblico a cui potrebbe piacere e perché
Lorenzo: Potremmo definire il nostro sound come una sorta di grunge nel suo aspetto più “aggressive”. Non saprei dirti con esattezza che tipo di pubblico potrebbe avvicinarsi al nostro sound, immagino che possa interessare a persone alla ricerca di sonorità vere, stanche di produzioni preconfezionate e statiche, in parole povere alla ricerca di un sano e sporco viaggio nel rock nella sua vera essenza.
5 – State già lavorando a nuova musica? E in ogni caso, avete già una idea di come si evolverà il vostro sound?
Alessandro: Stiamo lavorando a nuove tracce da un po’di tempo e possiamo affermare di essere molto felici di quello che sta venendo fuori. Non so dirti con certezza verso quali territori sonori si evolverà il sound, sicuramente ci piace esprimere la nostra energia attraverso suoni hard, ma anche con quelli più ipnotici e psichedelici che ci fanno immergere in atmosfere quasi rarefatte. Amiamo sperimentare e ricercare, creare senza schemi precisi ed è quello che stiamo facendo in vista del prossimo album.
6 – Vogliamo parlare delle vostre influenze musicali?
Lorenzo: Il nostro sound nasce da una fusione di diversi approcci musicali e stili…se si pensa solo che il progetto Silence attraversa due decadi di musica nel corso dei suoi tre album, la descrizione diventa complessa. Se vogliamo dare dei riferimenti musicali, mi sento di citare i padri Black Sabbath e Pink Floyd (fino a The Wall incluso), passando attraverso sonorità più dure tipo Prong, Helmet, Pantera ma anche Deftones e Korn, fino ad arrivare a vere e proprie icone come Tool, Alice in Chains, Soundgarden, Kyuss e i sottovalutati Mindfunk del bellissimo album Dropped.
7 – Qual è il vostro sogno più grande nella musica e dove vorreste arrivare con la vostra band?
Samuele: Per la prima parte della domanda posso dirti che siamo persone che fanno musica per necessità espressiva, abbiamo bisogno di far uscire attraverso la superficie quello che ci portiamo dentro e lo facciamo attraverso la musica, c’è chi lo fa attraverso lo sport o con il giardinaggio. Quindi il nostro sogno è di poter continuare a vivere facendo musica per mantenerci vivi, però diciamocela tutta…anche fare da apertura ad un live dei Tool non sarebbe proprio male! Ecco se proprio dovessi fissare un obiettivo ideale direi che questo sarebbe musicalmente il coronamento di un sogno. Non mettiamo limiti alla provvidenza.
8 – Secondo voi, perché un ascoltatore dovrebbe diventare un vostro fan? Cosa offrite di speciale?
Samuele: Domanda difficilissima, soprattutto perché nella mia personale visione della vita in generale vorrei che nessuno diventasse mai fan di qualcosa, ma restasse un ascoltatore curioso, aperto, un assaggiatore di musica. Troppo spesso quando sei fan di qualcosa o qualcuno rischi di cadere nell’inganno che raccontiamo in A good God e 1984, adorazione, contrapposizione, manipolazione ecc. Io spazio dai Meshuggah ai Buena Vista Social Club passando per i Kyuss e Marley, non sono fan di nessuno ma li ascolto con la stessa attenzione e li adoro tutti. Nelle nostre canzoni puoi trovare più domande che risposte, cosa rarissima in questi tempi secondo me, tutti hanno risposte semplici ed immediate, preconfezionate e comode ma non sono le “mie” o le “tue” risposte, sono quelle che qualcuno ha prodotto per me e per te. Nel nostro disco difficilmente troverai un 4/4 proprio per questo motivo, per non far sentire l’ascoltatore “in un luogo sicuro”, per dargli un qualcosa di conosciuto e comodo, ci piace l’idea di creare una sorta di frattura durante l’ascolto e dalle fratture di solito, in natura, emergono delle cose. Noi offriamo questo, la possibilità di farsi delle domande, curiosare, sperimentare tempi dispari senza perdersi in virtuosismi cervellotici e nel frattempo immergersi in un sound roccioso e psichedelico allo stesso tempo.
9 – Vi ha molto penalizzato l’emergenza sanitaria causata dal Covid-19? Per voi è importante suonare dal vivo?
Alessandro: Negare l’impatto che questi ultimi due anni e mezzo hanno avuto sulla vita di ciascuno di noi sarebbe negare l’evidenza. Basta farsi un giro in strada per rendersi conto del segno che tutto questo ha lasciato su molte persone. Allo stesso tempo, evito di soffermarmi troppo sulla nostra visione della questione perché il rischio che si corre è di essere fraintesi ed etichettati. Dai testi di alcuni nostri brani è comunque facile intuire quale possa essere il nostro pensiero su quello che abbiamo vissuto recentemente. Posso dirti che abbiamo cercato di rimanere centrati e di trasformare le difficoltà in opportunità. A dirla tutta, per il lavoro di finalizzazione dell’album, sono stati mesi utilissimi, poiché abbiamo avuto la possibilità di dedicarci in maniera costante alle ultime registrazioni e alla produzione. Per quanto riguarda il suonare dal vivo, ovviamente ci è mancato molto, ma siamo certi che ci rifaremo molto presto.
10) Siamo ai saluti. A voi le ultime parole.
Lorenzo: In questo momento storico ricco di propaganda e di superficialità auguriamo a tutti di partecipare attivamente, insieme alla Silence Family, ad un ritorno alla libertà di espressione musicale ed artistica. Vi salutiamo con un messaggio tratto da un brano di di Gil Scott-Heron; “The revolution will not be televised”. Grazie per averci invitato