Recensione: ‘Spirituality and Distortion’ l’ultimo album di IGORRR

Scrivere di un album come ‘Spirituality and Distortion’ è complicato.
Almeno quanto pronunciare correttamente lo pseudonimo di un artista che finisce con 3 erre, come Igorrr.
Lì per lì penso sia un nome troppo ostico. Come diavolo si fa a capire quando (e per quanto tempo) pronunciare la seconda, la terza erre?
Un lampo di chiaroveggenza inatteso mi suggerisce che sto affrontando il problema dal lato sbagliato: un insieme di lettere riluttanti alla parola letta o scritta, non dovrebbe neanche essere catalogato come vocabolo da leggere o da pronunciare.
E allora come lo cataloghiamo? Come un’idea o un’azione mentale: il primordiale atto creativo di un’entità inquieta e vibrante, simile al vagito di una creatura che rivendica attenzione tramite manifestazioni sonore prepotenti.
Gautiere Serre (mastermind del progetto) probabilmente riderà di questo nostro affannarci: ne ha diritto e facoltà, in quanto creatore di un linguaggio artistico molto personale ed elaborato.
Il suo piano è questo: dare vita a 14 pezzi, convocare una ventina di musicisti di diversa estrazione (dai suonatori di musica tradizionale orientale, a quelli di musica classica e barocca, passando anche per George “Corpsegrinder” Fisher – si proprio lui!), servirsi dei più disparati strumenti musicali (e quando Oud, Sitar, Kanoun, Archi, Piano, Percussioni, Chitarre, Clavicembali, Fisarmoniche non bastano – tanto meglio – se ne inventano di nuovi!), avere un occhio di riguardo per l’elettronica ed il metal estremo (sue ancestrali passioni), cantare in una lingua creata ad hoc per lasciare alla voce la possibilità di esprimersi senza costrizioni (una sorta di linguaggio universale atavico e primitivo) e – non da ultimo – portare avanti un discorso artistico incentrato (udite, udite!) sull’identità del nostro tempo.
L’idea di un album simile è un salto nel vuoto, disarmante come l’impavida lucidità che lo accompagna. La musica di Igorrr è così: semplice ed estrema. Simile al movimento di mani di un direttore d’orchestra.
Un gesto – niente affatto sgraziato – della mente, improntata a dirigere a suo piacimento non tanto i formidabili musicisti ed i loro strumenti, quanto i generi musicali stessi.
Non a caso citerò ‘Downgrade Desert’, ‘Nervous Waltz’, ‘Parpaing’, ‘Himalaya Massive Ritual’ e ‘Paranoid Bulldozer Italiano‘ a dimostrazione dell’eclatante modo con cui il Nostro riesce a far convivere – anche all’interno dello stesso pezzo – black metal, chiptune, breakcore, industrial, musica classica, musica barocca, musica balcanica ed orientale.
In un mondo ‘spiritualmente distorto’ in cui l’annientamento delle barriere divisive (musicali e culturali) è forse un’utopia, Igorrr riesce a fare dello ‘sconfinamento’ il principio fondante della propria creatività.
La giustapposizione calibrata di elementi sempre nuovi – quasi alieni l’un per l’altro – è partecipe di un miscuglio multiforme che, a dispetto di ogni previsione, esalta la sostanza dei suoi singoli componenti. Anziché esserne inghiottiti, in quel miscuglio essi diventano preziosi e memorabili.
‘Spirituality and Distortion’ mostra una nuova strada percorribile in merito alla comunicazione sonora dei nostri tempi: il ‘nomadismo musicale’. L’arte di un compositore errante, esploratore consapevole di terre senza confini, notabile divulgatore delle potenzialità infinite della musica.
Reviewer: Gianfranco Catalano