Cos’è il Rock?

Ci sono domande alle quali sembra semplice dare una risposta, ma non è detto che la risposta più ovvia sia quella giusta: una di queste domande è “cosa è il rock?”. La risposta comune potrebbe essere di una banalità disarmante (es: stile di musica energico, dai suoni forti, dalle ritmiche ossessive, che fa scuotere il capo, ecc., ecc.) e alla fin fine fuorviante. Il discorso sull’”energia” del rock è un effetto della questione, non la causa. Questo fraintendimento nasce probabilmente dal fatto che i meccanismi semantici del rock sono ormai abusati anche in quei “generi” che rock non sono. Ora, premettiamo che il discorso sui cosiddetti generi musicali sia anche esso abusato e, di base, superfluo ( o meglio, lo sarebbe se i fenomeni musicali del mainstream invece di codificare stili e lavorare nei limiti dello stile prescelto, facessero un percorso di ricerca più ampio lavorando, sì, sui/coi generi, ma osando di più), siamo obbligati a fare un passo indietro: gli albori della musica pop(olare) in senso moderno possono essere rintracciati in due stili musicali che, pur provenendo da posti diversi (il folk irlandese e la musica tradizionale africana), trovarono per vie traverse nuova linfa negli Stati Uniti del 19° secolo. Nacquero, quindi, due culture musicali che potremmo facilmente classificare in musica “bianca” e musica “nera”, ed entrambe si svilupparono nel Profondo Sud, quell’insieme regionale americano noto ai più per la produzione del cotone e per un marcato razzismo. La musica popolare “bianca” diede vita a esperienze musicali quali l’Appalachian folk, il bluegrass e il country. La musica popolare “nera”, dal canto suo, fece nascere il gospel, il jazz e il blues. Tralasciamo la disamina di questi stili “antichi” per un’altra volta e passiamo a qualche anno più tardi. Siamo alla fine degli anni ’40 e negli Stati del Sud s’è ormai verificata una qualche forma di integrazione: i discendenti degli schiavi africani si sono trasferiti anch’essi nelle città e molte radio iniziano a trasmettere sia blues che country. Hank Williams incide Move It On Over nel 1947, Fats Domino registra The Fat Man nel 1949. Di lì a Elvis, Cash, Carl Perkins e Buddy Holly il passo è breve. Questa nuova idea musicale che miscela blues e country prende il nome di rock ‘n’ roll e ci vorranno pochi anni perché si evolva in ciò che oggi chiamiamo rock in tutte le sue accezioni. Il punto di forza del rock, come fu quello del rock ‘n’ roll, è sempre stato quello di cercare una commistione, di creare una nuova idea utilizzando ciò che già esisteva, insomma di sperimentare. Sin dai tempi di Elvis, il “nuovo” è sempre stato visto da tradizionalisti, benpensanti e bacchettoni assortiti come il male e il fatto che ci siano stati artisti che abbiano continuato imperterriti la strada che avevano intrapreso, nonostante tutti gli ostacoli, è il vero spirito del rock. Basti pensare che tutti quegli artisti che hanno creato una “crepa” sono stati sempre additati dai reazionari come capelloni, depravati, schifosi, drogati: dopo lo stesso Elvis, è toccato anche a Beatles, Jimi Hendrix, Doors, Black Sabbath, David Bowie, Alice Cooper, Kiss, Ramones, Nirvana, solo per citare i più famosi. Negli ultimi anni, come accennavamo poc’anzi, le meccaniche metalinguistiche tipiche del rock (choccare il pubblico mostrarsi appariscenti o ambigui e compagnia bella) sono state fagocitate anche dal moderno r’n’b, dall’hip hop, dall’house music, ma non è questo il problema. Anche questi stili, infatti, hanno una loro dignità e hanno più collegamenti di quanto si possa pensare con la musica del passato. Il problema, semmai, è che in generale nel mainstream c’è ormai una tendenza all’omologazione ai codici di “genere” mai vista prima e questo è riscontrabile anche in buona parte delle band che suonano nei limiti del cosiddetto rock. Il problema è che il rock deve distruggerli, quei cazzo di paletti: non può permettersi di non farlo. Amen.
(Noirocker – ‘de large’)