Recensione: ‘DON’T CLOSE YOUR EYES’ l’album dei partenopei JUMPSCARE

Nel brulicante mondo dei moderni gruppi Melodeath si presentano, senza timidezza alcuna, i Partenopei JUMPSCARE, oggi impegnati nella promozione del loro nuovo album DON’T CLOSE YOUR EYES, sfornato via Vault Lab Recording.

La line-up è poderosa con Andrea Di Martino e Vincenzo “Vic” Mussolino rispettivamente prima e seconda chitarra, Salvatore Andrea Ciccarelli al basso, Graziano Ciccarelli dietro alle pelli e infine la new entry, il front man Ciro “Kirion” Silvano, alle vocals.

Un aspetto non proprio marginale nella definizione del sound JUMPSCARE riguarda l’innesto massiccio di synth e parti orchestrali, distanti dal puro fatto ornamentale; tanto che il Mastermind a cui è stata affidata la loro produzione – Tommaso Monticelli dei GENUS ORDINIS DEI – potrebbe ‘quasi’ essere considerato il sesto elemento della band all’opera, come dimostrano l’apertura elettronica del disco (“Dead Bodies“) e la sinfonia epica di “Don’t close your eyes“.

Tali sovrastrutture, tuttavia, non intaccano la centralità del groove né l’impatto dei riff, anzi s’incastrano con essi senza alcuna prevaricazione reciproca, facendo da cornice alla sensazionale vocalità di Ciro “Kirion” Silvano, molto a fuoco in fase growl, capace tuttavia di destreggiarsi anche nell’esecuzione di scream acuti riscontrabili in più parti, ad esempio in “Earth Decay“.

Ben distante dall’essere tutto muscoli e potenza, DON’T CLOSE YOUR EYES riserva pure momenti distesi, come quelli in cui ci si lascia cullare volentieri dalla struggente “Falling Tears“, simil-ballad in chiave Death Melodico dove l’intro acustico fa da contraltare al riff stoppato ed al mid-tempo successivo, dai forti connotati Heavy. Come Heavy è il riff portante di “Mate Feed Kill Repeat”, dove però l’intento è diverso, volto più alla violenza sonora, qui assecondata dalle velocità sostenute e l’incisività vocale: il pezzo è da promuovere per il bell’impatto, anche se i momenti iniziali sono i più convincenti.

Procedendo nell’ascolto si arriva a “Paralyzed”, un brano che a conti fatti sa scaricarti addosso una letale miscela di groove, up-tempo incalzanti (era ora di sentirne qualcuno!), melodie, break-down, cori marziali e chi più ne ha più ne metta. Credetemi quando vi dico che qui l’unica paralisi è quella che potrebbe innescarsi nei vostri apparati uditivi se, durante la foga dell’ascolto, vi fate prendere la mano nell’alzare incoscientemente la manopola del volume (com’è successo a me).

Cari JUMPSCARE, non so se esista il reato d’indotta violenza auricolare ma a questo punto sono certo che un bel viaggetto nel Settimo Cerchio infernale, quello che Dante assegna ai violenti, non ve lo toglierebbe nessuno, anzi secondo me la vostra “Seventh Circle” (la perla dell’album!) dimostra che nel fosso dell’Inferno, voi ci siete già stati; diversamente non potrei spiegarmi come si possa riuscire a rendere in musica, con tanta credibilità, la visione letteraria del Sommo Poeta. Memorabile il parlato in Italiano del bassista Salvatore Andrea Ciccarelli che recita alcuni versi del canto XII dell’Inferno.

“Sickness” è un’altra garanzia di successo, in virtù di quegli aspetti power/symphonic già presentati nella titletrack “Don’t close your eyes“.

Sul versante produttivo/sonoro il lavoro di Tommaso Monticelli, svolto presso il Sonitus Studio di Crema, è qualitativamente ottimo. Grazie a lui, infatti, DON’T CLOSE YOUR EYES rispetta tutti i canoni richiesti da questo genere di proposta musicale, con un occhio di riguardo volto a sottolineare la voce – che per chi scrive, ha tutti i meriti di essere evidenziata – senza che l’equilibrio del resto degli strumenti ne risulti intaccato.

Musicisti giovani, grintosi e con tutte le carte in regola per continuare a sfornare materiale meritevole di ascolto e supporto, i JUMPSCARE sono già sulla buona strada considerando che questo è il loro primo album in assoluto, anticipato da un demo ed un EP, risalenti alla precedente formazione.

Complimenti uagliò!

 

Reviewer: Gianfranco Catalano

 

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